L’Incredibile Labirinto delle Verande: T.U.E. tra Ambiguità e Incongruenze
Sbirciando nell’oscuro mondo delle normative edilizie italiane, ci si imbatte in una scena che sembra tratta da un rompicapo, dove le regole cambiano come il vento. La sentenza del Consiglio di Stato n. 6301/2023 sembra risvegliare la domanda: cosa succede quando mettiamo una veranda su un balcone, e, ahimè, lo facciamo in modo illegale? Il brano che segue è un viaggio nella giungla delle normative e delle loro incongruenze.
La chiave del mistero risiede nelle definizioni contorte presenti nel DPR 380/01, quelle della “ristrutturazione edilizia generale” e della “ristrutturazione edilizia pesante”. Ma non ti preoccupare, non ci perderemo nelle sabbie mobili della distinzione; concentriamoci sulla sfida delle verande (legali o meno).
La sentenza del Consiglio di Stato sembra rassicurare: se le verande invadono il territorio del balcone, trasformandolo in una sorta di giungla di vetri e acciaio, allora il “permesso di costruire” è richiesto. Ma aspetta un attimo, l’ambiguità si infiltra subdolamente.
Affermare che le verande “integriano un nuovo locale autonomamente utilizzabile” suona come un affascinante trucco di prestigio urbanistico, soprattutto quando il “volume” dell’edificio principale supera il 20%. Ma perché non c’è stato un’esplosivo scandalo per questo “ampliamento fuori sagoma”? È come se le norme stesse abbiano perso la bussola, lasciando spazio a un’enigmatica interpretazione.
E cosa dire dell’allegato A del D.Lgs. 222/2016? Un tentativo di mettere ordine nella giungla normativa, ma le successive modifiche hanno reso la situazione ancora più nebulosa. È come cercare di risolvere un cubo di Rubik in un turbine di vento.
In un mondo dove le definizioni si trasformano in labirinti e le norme giocano a nascondino, l’unico consiglio che possiamo dare è di navigare con prudenza e cauto ottimismo tra le ambiguità. L’incertezza regna sovrana, e anche un legale potrebbe ritrovarsi a giocare a “indovina chi” con le norme.